IL TERRITORIO

Tutto nasce tra il Tigri e l’Eufrate, forse il Paradiso Terrestre, dove tutto era perfetto e buono a patto di non disobbedire, e qui forse avrebbero dovuto capirlo subito i nostri primi due avi che se avessero disobbedito, non lo avrebbero fatto a uno qualunque, e fu così che la disobbedienza (l’aver mangiato un solo frutto), creò il male e per coerenza tutto ciò che era cattivo, condannando l’essere umano a dover scegliere per l’eternità tra il bene e il male. Vi chiederete cosa c’entra tutto ciò con gli asparagi: fu che assaggiati (senza altre ritorsioni per altro), i nostri asparagi furono considerati cosa molto buona per il gusto e molto proibita per la “forma” e non sapendo cosa catturò l’uomo di allora, se il sapore o il proibito, gli asparagi cominciarono il loro lungo viaggio.

Arriveranno in Egitto, dove la bella tra le belle (Nefertiti), ne avrà anche nella sua ultima dimora per il grande viaggio nell’aldilà.

E dall’Egitto in Grecia dove un osservatore della natura chiamato Teofrasto, che significa dal “dolce eloquio”, come dirà il suo maestro Aristotele, per primo cercherà di capire i funghi oltre che questi strani prodotti della terra, afrodisiaci per la forma e medicamentosi per l’azione diuretica/depurativa che avevano sull’uomo.

Dalla Grecia a Roma, dedicati alla dea della bellezza Venere forse più per aspetto che per sapore, entrarono nelle cucine più importanti della Roma imperiale, tanto che ne parleranno Apicio, Giovenale, Marziale e Plinio il Vecchio. Considerati indispensabili per aumentare la potenza sessuale viaggeranno nelle scorte dei viveri delle Legioni Romane che ne diffusero la coltivazione in Spagna e prima che l’uomo di quei tempi scoprisse che la terra non era un piatto e che Ulisse non era precipitato dopo le colonne d’Ercole, ecco che gli asparagi prenderanno piede in Germania, Olanda e Polonia, per arrivare da ultimi (come accadrà più avanti per la patata), in Francia dove il Re Sole fece erigere un obelisco in onore del giardiniere che riuscì a produrne freschi per tutto l’anno. E sarà sempre un altro grande francese, Napoleone III, ad averne bisogno prima degli incontri amorosi da sostenere con donne avvenenti (un aiutino non fa mai male), tanto da arrivare a rimandarli o a rinunciarci se non si fossero reperiti grossi.

Si sa che il bisogno aguzza l’ingegno, e in quel nord Europa tra l’Olanda e Francia dove il freddo e il buio del Medioevo segnava terra e uomini, si decise per proteggerli, di coprire quei turioni durante la crescita ed ecco che per “magia”, là dove con questo termine l’uomo ha sempre spiegato ciò che non comprendeva, gli asparagi non facendo fotosintesi poiché non producevano clorofilla, rimanevano bianchi, dolci al sapore e non erbacei, mentre se solo si lasciava la punta alla luce da subito cominciava una blanda pigmentazione violacea, cambiandone il sapore da tendenzialmente dolce a leggermente amaro ma mai erbaceo.

Ecco come abbiamo seguito i nostri asparagi partiti dal Giardino dell’Eden in quella terra di mezzo dove forse tutto è nato, li abbiamo visti viaggiare da verdi a fianco degli eserciti romani e ritornare dopo tanti secoli sempre nelle bisacce dei soldati (questa volta napoleonici), vestiti di bianco in tutto il nord Italia, a unire sotto un tricolore di sapori fatto tutto di asparagi, l’Italia nelle sue straordinarie e molteplici biodiversità.

 

Le Dolomiti hanno dato sabbie finissime, i Boschi del Cadore ed i Pascoli Agordini hanno preparato l’humus l’Acqua del Piave li ha posati sulle Grave di Papadopoli, a Cimadolmo, qui è nato e cresce l’Asparago Bianco di Cimadolmo IGP che le mani dei Soci del Consorzio curano e colgono con passione per portare sulle vostre tavole la freschezza, la fragranza ed il gusto unico ed inconfondibile dell’Asparago Bianco di Cimadolmo IGP

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